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Padel: l’eresia che mi ha fatto divertire

Io gioco a tennis da sessant’anni. Eh già… sessant’anni.
Ho iniziato che avevo cinque anni, con la racchetta quasi più grande di me. Per me il tennis è sempre stato un rito: la terra rossa, le linee bianche, la palla che rimbalza “pulita”. Tutto ordinato, elegante, preciso.

Lo scrivo scherzosamente. Per me, è una specie di setta scismatica, con i suoi adepti eretici che brandiscono racchette senza corde. La racchetta quando impatta contro la pallina fa lo stesso rumore di un elenco telefonico. Ho sempre guardato al padel e ai suoi giocatori con sospetto, convinta che fosse un gioco delle “palle”… in tutti i sensi.

E invece, l’inverno scorso, un giorno in cui i campi da tennis erano introvabili, ho ceduto.
Dopo due ore mi sono sorpresa a pensare: “Domani mi compro la racchetta”.

Non avrei scommesso 1 Euro, ma mi sono divertita.
Non servono le stesse capacità atletiche e tecniche del tennis, ma si ride parecchio e ci si muove. Io ho riso tantissimo. E, come un gatto che atterra sempre in piedi, sono pure riuscita a vincere un paio di partite.

Non è però tutto rose e fiori. Il padel, con le sue frenate improvvise, torsioni e cambi di direzione da trottola impazzita, mette a dura prova ginocchia e polpacci. Il legamento crociato anteriore, per esempio, non ride affatto quando si gioca troppo o senza preparazione. Se scatta il famoso “crack”, non è l’applauso degli spettatori ma un biglietto diretto per l’ortopedico.

I giocatori più a rischio non sono gli atleti, ma i sedentari della domenica: quelli che si alzano dal divano e si buttano in campo convinti che il padel sia un gioco facile. Si infatti è’ facile che dopo una partita finiscano dal fisioterapista anziché al bar per lo spritz.

Io continuo a pensare che il tennis sia il padre nobile e il padel un parente un po’ casinista. Ma non posso negarlo: tra una risata, una pallata contro il vetro e una smorzata fortunata, mi sono divertita…moltissimo!

Forse, in fondo, il padel è proprio questo: meno regole, più improvvisazione. Un’eresia che non fa bene alle ginocchia ma sicuramene all’umore.

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